Storie di Lazialità

Tira la bomba Sinisa

Tira la bomba Sinisa

 

C’è una serranda di un negozio in mezzo ai due muri di un palazzo, un pallone e un bambino che gioca. Il bambino calcia bene il cuoio tirato a lucido e puntuale arriva il tonfo del metallo che lo respinge. Il bambino non sbaglia mai, colpisce la serranda sempre nello stesso punto, quello più angusto vicino all’intersezione dei muri. É insopprimibile il desiderio di immaginare una porta da calcio lì dove c’è una fredda lamiera. Serve più spazio al bambino ormai cresciuto, serve un campo da calcio. Più la porta è lontana, più facile è per Sinisa indirizzare il pallone all’incrocio dei pali. Sinisa fa eccezione ed è forse l’unico che non abbia mai usato il cosiddetto mestiere da footballer per accorciare meschinamente di qualche centimetro la distanza tra il pallone e la porta.

“Tira la bomba Sinisa” è il mantra che risuona dentro lo stadio e martella le tempie del malcapitato portiere che vede sbucare dal nulla la palla che si abbassa improvvisamente. Una saetta scagliata dal suo piede sinistro che finisce la sua corsa nella parte alta della rete, fosse quella dell’Olimpico, della BayArena di Leverkusen o dello Stanford Bridge di Londra.

“Mihajlovic Mihajlovic tira le punizioni a cento all’ora e fa goal” canta la Curva Nord quando vede una chioma fluente avvicinarsi al pallone e prendere la rincorsa. Per Sinisa le punizioni sono come i rigori per tutti gli altri specialisti del calcio da fermo. Non ha rivali nella disciplina. Forse solo le tre dita verdeoro di Roberto Carlos in una sfida immaginifica, evocata ma mai avvenuta si potrebbero opporre alla potenza del “brasiliano d’Europa”.

“E se tira Sinisa e se tira Sinisa è goal” canta per la terza volta lo stadio quando il blucerchiato Ferron assiste impotente all’unica tripletta su punizione diretta che il calcio ricordi.

Sinisa tira forte e tira ancora più forte contro l’ipocrisia del pensiero omologato al politically correct di chi nella vita non sceglie mai. Sinisa al contrario si schiera sempre, non ha paura di prendere posizione anche a costo di intraprendere quel sentiero solitario da aquila fiera. Sinisa si definisce orgogliasamente “zingaro” ribaltando quel paradosso da luogo comune che spinge vittimisticamente al marginalismo ogni tipo di diversità, di razza e di pensiero. Quello che per altri è offesa per Sinisa è un complimento. Idiozia e razzismo vengono combattuti con il capovolgimento valoriale che colpisce con la ritorsione funesta di un boomerang chi stoltamente crede di essere superiore. É la bomba verbale tirata da Sinisa, una punizione da contrappasso. Sinisa ci mette la faccia ancora una volta contro le bombe “invisibili” cadute su Belgrado nel 1999. “Peace, No war” è scritto sulla sua maglietta, tra tigri balcaniche e le immancabili polemiche. Sinisa, di madre croata e padre serbo, conosce la guerra e le sue contraddizioni. Ma di guerriero c’è solo il suo carattere indomito e le bombe sono solo quelle che tira con i piedi. Come sempre ridefinisce in senso positivo i significati di matrice maligna delle parole. È il suo irriverente marchio di fabbrica, la sua bomba sinistra che annichilisce l’ennesima ipocrisia.

Tira la bomba Sinisa” è il fragore del tifoso laziale che rivede in Sinisa l’orgoglio spocchioso della generazione Chinaglia, in direzione ostinata e contraria a quella degli altri. “Tira la bomba Sinisa” è lo scudetto vinto al terzo tempo sotto un temporale primaverile, è la Lazio stellare più forte di sempre, campione d’Italia del terzo millennio, è il primo pezzo del 2000 che raggiunge nel “Paradiso degli eroi” i ragazzi del ‘74.  “Tira la bomba Sinisa” è l’ospedale Sant’Orsola di Bologna e tutti i sanitari che vincono ogni giorno il loro scudetto nel vedere il sorriso dei loro pazienti, sono tutti coloro che in pellegrinaggio all’eremo di San Luca hanno pregato per te. “Tira la bomba Sinisa” è l’amore di tua moglie cementato nel dolore e nella sofferenza indicibile che hai sopportato, sono i tuoi sei figli con cui hai superato anche il tuo record balistico dei 3 goal in un giorno.  “Tira la bomba Sinisa” è soprattutto la vita che vince contro la morte, perchè risplenderà sempre il sole dopo la tempesta e una nipotina venuta alla luce illuminerà il tuo universo.

Coraggio Sinisa, tira, segna, lotta e vinci ancora una volta per tutti quelli che ti hanno voluto bene!!!

 

Mastrella Matteo

Il centenario della S.S. Lazio come Ente Morale

Centenario della Lazio eretta ad Ente Morale il 2 giugno 1921

È festa! Finalmente! È la settantacinquesima festa della Repubblica, una festa che in piena pandemia sa di rinascita e ha il sapore antico del suo primo anniversario. Il groppo in gola, la disperazione e le privazioni di una guerra mondiale svaniscono in quel bagno trionfale di persone festanti, uscite finalmente di casa stringendo il tricolore tra le mani. Donne con le gonne lunghe fin sotto al ginocchio corrono incontro ai loro mariti e, saltando quel poco per cingerne il collo, schiudono le labbra per la fuoriuscita di urla festanti e sorrisi. Sono loro le protagoniste assolute della nuova Repubblica. Per la prima volta nella storia è stato riconosciuto loro il diritto di voto. Nasce la Repubblica gentile, intrisa della sua matrice femminile, giovane ed eterea nella sua bellezza.

Trent’anni prima c’è un’altra guerra mondiale ancora più drammatica della Seconda. Una guerra lunga e snervante che getta in trincea la migliore gioventù dell’epoca. Mariti e padri muoiono in battaglia, di molti di essi si perdono le tracce e cadono nell’oblio di un numero sterminato ed indefinito di morti che cancella ogni singola identità. Mogli e madri aspettano invano. Loro malgrado devono sostituirsi ai mariti al timone della famiglia come nel mondo del lavoro. L’intero sistema sociale è in frantumi e per porvi rimedio viene fondato a livello nazionale l’istituto degli “Asili nido” con l’intento di accogliere non solo i figli dei richiamati al fronte ma anche gli orfani di guerra e i bambini delle famiglie indigenti. A tale scopo a Roma si costituisce il “Comitato di mobilitazione civile” per raccordare tutte le iniziative rivolte allo sviluppo delle case materne a cui aderiscono entusiaste le giovani donne di tutti i ceti sociali. La Società Podistica Lazio, forte della sua Sezione femminile, aderisce ferventemente a tale progetto come unica società sportiva capitolina, destinando una parte della sua sede sociale in Via Veneto alla realizzazione dell’“Asilo Lazio”. L’istituto, inaugurato il 28 giugno del 1915, accoglie i figli della nutrita truppa di atleti biancocelesti richiamati al fronte e i bambini dei quartieri Ludovisi e Pinciano. L’encomiabile servizio di assistenza civile alla popolazione prestato dalla Società Podistica Lazio non passa inosservato e la Regina Elena, a nome della Corona, elargisce un’oblazione a sostegno della nobile causa. La longeva presidenza dell’illuminato Cav. F. Ballerini, nei primi 25 anni del sodalizio biancoceleste, si distingue sin dai primi del ‘900 per le mirabili iniziative in ambito sportivo e sociale. Sotto di lui la Lazio è un caleidoscopio di sport e cultura che eleverà tutte le sue sezioni sportive, dalla ginnastica al calcio, al podismo d’avanguardia, al nuoto, in una dimensione decourbertiana dello sport per lo sport, in cui l’esercizio ginnico corrobora indissolubilmente l’educazione della mente e l’esaltazione valoriale di cui lo sport è portatore. La Lazio, più di ogni altra realtà atletica romana, è sinonimo di sport. Non c’è disciplina in cui non si cimenti o di cui perfino ne abbia introdotto per la prima volta la pratica come la pallanuoto, il calcio, il rugby. Parallelamente la sede di Via Veneto è un intreccio di iniziative culturali, conferenze ed incontri, una vera e propria école di letteratura e arte filodrammatica che porterà il premio nobel Grazia Deledda a diventarne un’assidua frequentatrice. La Lazio di Ballerini trascende il mero fatto sportivo. E’ radicata profondamente nel tessuto sociale e culturale e contribuisce giorno dopo giorno, gara dopo gara, al suo sviluppo. Nel 1915 di fronte all’avanzata della guerra e alle privazioni che da essa discendono trasforma il suo campo da gioco della Rondinella nel quartiere Flaminio in un orto di guerra contribuendo a sfamare la popolazione ormai allo stremo. Atleti di ogni disciplina e molti dei suoi dirigenti, forgiati nei valori dalla sezione dell’Istruzione Premilitare, anch’essa promanata dalla lungimiranza del presidente Ballerini, vanno a comporre il contingente italiano e con sorte avversa non faranno mai ritorno a casa. Tra le società sportive, la Lazio paga uno dei tributi più alti in termini di vite umane interrompendo per dover di patria la sua attività sportiva e lasciando incompiuta in ambito calcistico la conquista dello “scudetto negato” del 1915, all’indomani della mobilitazione generale del 23 maggio 1915. Alla fine delle ostilità belliche vengono riconosciute ai soldati biancocelesti, con regio decreto del re Vittorio Emanuele III, 22 Medaglie d’Argento, 35 Medaglie di Bronzo, 14 Croci di Guerra al valor militare, dando la misura del sacrificio e dello spirito di servizio della Società Podistica Lazio. Nell’alveo delle competenze del Ministero della Pubbica Istruzione e su proposta del suo Ministro Benedetto Croce, il 2 giugno 1921, la Lazio è eretta in Ente Morale ad imperatura memoria con Decreto Regio n. 907 a firma del Re d’Italia Vittorio Emanuele III.  Le motivazioni accluse al provvedimento recitano il fine di pubblica utilità perseguito dall’istante.

Oggi, 2 giugno 2021, è festa doppia!! Si festeggia la Repubbica Italiana nel suo settatacinquesimo anniversario e il centenario dell’elevazione ad Ente Morale della Società Sportiva Lazio. Piace ricordare e sottolineare come il patrimonio sportivo, solidaristico, etico, culturale, storico abbia costituito il fondamento degli atti e dei fatti giuridicamente rilevanti per l’adozione del decreto regio, ancora oggi considerato in ambito dottrinario un unicum di difficile riproducibilità e di cui solo la Lazio può fregiarsi. È ancora più stupefacente che ancor prima della conquista dell’universalità del suffragio venne riconosciuto all’interno del sodalizio biancoceleste un ruolo premimente all’universo femminile, con la costituzione di un’intera sezione sportiva ad esso dedicata, con la conduzione diretta di un asilo per l’infanzia, della partecipazione, in condizioni di parità con il mondo maschile, alla sviluppo culturale del paese rendendo gentili sia la Lazio sia la Repubblica di cui oggi ne festeggiamo la bellezza.

W la Lazio, W la Repubblica Italiana

Matteo Mastrella

Francesco Madotto una vita di corsa

...su e giù per il Quirinale

Il giovane Francesco corre leggero sulle pendici del Monte Canin, nel gruppo delle Alpi friulane. Ha le leve lunghe, da corazziere, e sale come uno stambecco che si inerpica sulla roccia calcarea. Poco distante cammina a ritmo cadenzato il geologo Ardito Desio che con voce sibillina e imperativa intima al giovane Francesco, undici anni di età, di accorciare il passo. Quelli che sembrano essere paternali ammonimenti si rivelano i primi fondamenti sportivi per un passista delle lunghe distanze. Francesco obbedisce al capo-spedizione e riduce la sua andatura. Ora i passi sono brevi ma intensi, dosati in frequenza, uno dopo l’altro, in un ritmo costante di poderosa resistenza. Siamo nel 1951 all’alba della grande conquista del K2, il “posto al sole” che l’Italia del secondo dopoguerra rivendica con orgoglio nello scacchiere internazionale. Nelle grotte e nelle forre di origine carsica affogano le sconfitte della Grande Guerra patite sul fronte austro-ungarico di queste montagne, la sterile propaganda neocoloniale e le immani tragedie dell’ultimo conflitto bellico. Un vento nuovo libera nell’aria i sogni del giovane Francesco, la sfida alle stelle di un esploratore navigato e i vagiti di rinascita di un Paese intero in cerca di riscatto.

Nel 1958 la giovane Repubblica, lanciata a forte velocità verso il progresso, coniuga l’irrefrenabile modernismo del boom economico con la necessità di consolidare gli imprescindibili principi costituzionali. C’è bisogno di una nuova generazione che renda l’Italia una democrazia all’avanguardia, fatta di sviluppo creativo, ingegno, inventiva ma anche di fermezza nella difesa dei valori e delle istituzioni. Di queste nuove schiere fa parte anche Francesco che, poco più che maggiorenne, lascia la Val Resia e si arruola prima nell’Arma dei Carabinieri e poi entra a far parte della prestigiosa Guardia d’onore del Presidente della Repubblica sotto la presidenza Gronchi. Dallo stesso anno Francesco Madotto è in pianta stabile nel Gruppo Sportivo dei Corazzieri eccellendo nella corsa e nel canottaggio. Stazza imponente, come ovvio che fosse, fisico atletico e braccia da vogatore ne segnano la disciplina sportiva. Nel 1961, in occasione dei festeggiamenti dei cento anni dell’Unità d’Italia, nelle acque del Pò, fa parte dell’imbarcazione che soffia, sul filo della poca luce, la vittoria finale alla quotatissima imbarcazione di Oxford. Sono anni grandiosi per l’atleta Madotto che per un intero decennio fa parte del gruppo sportivo olimpico italiano in preparazione delle Olimpiadi Roma 1960 e Messico 1968. Nel 1969 fissa gli ormeggi per approdare allo sci nordico. Anche in questa disciplina le soddisfazioni sono tante, dominando la scena fino al 1995 con ben 15 titoli italiani di categoria. A Selva di Val Gardena, meta preferita di villeggiatura del Presidente Pertini, vanno in scena ogni anno i campionati d’Arma di sci di fondo. Non c’è pista che non abbia visto affondare nella neve soffice gli sci del maresciallo Madotto. Sempre nel 1969 ritorna all’amore adolescenziale della corsa e trova lo stesso spirito di libertà nella S.S. Lazio Atletica Leggera, culla del podismo romano d’avanguardia dal 1900. Si inscrive e ne diventa atleta.

Il maresciallo Madotto, ai piedi dello “Scalone d’onore” del Palazzo del Quirinale, passa in rassegna, con maniacale perfezionismo, il posizionamento della schierante del Reggimento dei Corazzieri che in uniforme di gran gala è pronto a rendere gli onori militari all’ospite illustre atteso a Palazzo. Poco distante nel porticato che conduce alla Porta Principale c’è il militare della guardia montante. Madotto gli si para davanti e ne omaggia la bandiera del Corpo d’Appartenenza. Qualcuno distrattamente, confuso nel brusio della marzialità del momento, è ai lati dell’antistante “Cortile d’Onore” pronto all’attraversamento quando il maresciallo Madotto, con devota deferenza, ne ricorda la laica sacralità. Mai voltare le spalle al tricolore italiano che sventola sul Torrino dell’antico corpo di fabbrica gregoriano. Il vento ne disegna le pieghe accanto alle stelle e alle strisce della bandiera americana del Presidente Jimmy Carter in visita ufficiale di Stato. Le porcellane e le Sale di rappresentanza trasudano di storia e raccontano, anche a margine delle cerimonie più importanti, di aneddoti di vita di Palazzo. Il presidente Carter è amante dello jogging e trova nel maresciallo Madotto il perfetto bodyguard. Non è il semplice addetto militare alla persona ma anche il trainer che lo segue nella corsa all’interno dei giardini del Quirinale. Il mattino seguente di nuovo insieme , ma stavolta è la salita della Pagliara a fare da sfondo alle loro ripetute di velocità. Madotto corre, corre sempre, tranne quando con serafica disciplina comanda, in qualità di Maresciallo di Palazzo, la statuaria ed inscalfibile guardia montante dei Corazzieri. Sei ore in piedi con elmo e corazza dove a correre sono solo i pensieri. Una nemesi che si frantuma alle parole del Presidente Pertini, nel giorno antecedente la finale dei Mondiali del 1982. Il maresciallo Madotto è di servizio e coglie nelle espressioni del Presidente Pertini il misto di preoccupazione e di adrenalina che precede i grandi eventi. E’ un susseguirsi di alterne sensazioni sull’imminente destino, quando il più spontaneo degli “beato Lei” del maresciallo Madotto fuga le ultime esitazioni per la trasferta madrilena. Pertini non ci pensa due volte, è un istintivo di natura, e invita per l’indomani mattina il corazziere Madotto a bordo dell’areo presidenziale con rotta su Madrid e sulla vittoria. La foto lo ritrae nel suo impeccabile tranche dietro “all’italianizzato” re di Spagna Juan Carlos che, con occhio di favore, celebra la spontanea esultanza del Presidente Pertini e le più sopite e composte emozioni del militare Madotto. Sul volo di ritorno, nell’euforia generale, siede accanto al capitano Zoff, a cui è legato da un doppio filo, l’appartenenza geografica da friulani doc, e l’altro ancora impalpabile che si materializzerà solo all’alba delle notti magiche del 1990 quando anche il SuperDino nazionale entrerà a far parte della grande famiglia della S.S. Lazio.

Ci sono date il cui significato simbolico oltrepassa ogni ragionevole spiegazione. È il 2 Giugno del 2004, la festa della Repubblica, e per il Luogotenente Madotto è anche il giorno del suo sessantacinquesimo compleanno e dell’inevitabile congedo dopo 46 anni di onorato servizio.  Non può esserci commiato migliore per chi ha speso gran parte della sua vita a difesa della più alta istituzione della Repubblica. Otto presidenti e la nomina del ’93 ad “Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana” sono il suo vanto. Dopo l’autentico fiume di persone che hanno visitato nell’unico giorno possibile i Giardini del Quirinale, si stanno esaurendo gli echi della “Festa del 2 Giugno” e il rituale capannello del Reparto Sicurezza dei Corazzieri, in mesto ricordo, fa calare il sipario sull’ennesima celebrazione della Repubblica e sulla carriera più longeva di uno dei suoi più fidati servitori.

Messa a dimora l’attività lavorativa, Madotto corre ancora più forte e nel 2004 vince la maratona di New York nella categoria over 65, preludio alla superba prestazione alla maratona di Londra dell’anno seguente che lo vede nuovamente primeggiare con un tempo ancora migliore. Madotto è nella storia, un’autentica leggenda dell’Atletica leggera. Con la casacca biancoceleste della Lazio vince ogni tipo di competizione, dalla maratonina di San Tarcisio nel 2007, alla mezza maratona Roma-Ostia nel febbraio 2008 con un tempo di 1h,32min,19sec nella categoria over 69. Partecipa anche a gare a squadre come la suggestiva staffetta 24x1 alle Terme di Caracalla, una “ultrarail” della durata di un giorno intero. Seppur trasferitosi nella terra natale continua a correre per la sezione Atletica leggera della S.S. Lazio vincendo il 4 Maggio 2008 la maratona di Trieste con un crono di assoluto livello nazionale che gli valgono la migliore prestazione nazionale nella categoria dei nati nel 1939. Ma le sorprese non finiscono e il 2011, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, segna il suo ritorno in barca, per partecipare, come unico vogatore ancora in attività “dell’otto” italiano nella memorabile vittoria contro Oxford di mezzo secolo prima, ad una regata commemorativa. Il 6 Marzo 2016 agli Indoor Rowing Championship diventa campione del mondo di remoergometro, ripetendosi anche l’anno seguente. Nel settembre 2017 partecipa a Copenaghen ai campionati del mondo Outdoor di canattoggio con la squadra americana dell’ Occoquan formata da otto vogatori di otto nazionalità diverse...

E ovviamente tra una gara e l’altra Madotto corre ancora e con andatura cadenzata e passi brevi raggiunge Francesco sui pendii del Monte Canin dove la vita è tutta un sogno da realizzare e dove “il coraggio diventa più forte nel pericolo”.

Luogotenente Madotto, in congedo illimitato provvisorio...

Nei secoli fedele!!

Mastrella Matteo

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DERBY LAZIO – ROMA 15 APRILE 2018 – 20,45 STADIO OLIMPICO

DERBY LAZIO-ROMA 15 APRILE 2018 – 20,45 – STADIO OLIMPICO

15 APRILE 2018 – 20,45 – STADIO OLIMPICO

DERBY LAZIO-ROMA

Stasera voglio sfidare la cabala! Di solito, non si parla e non si scrive entro le quarantotto ore precedenti il Derby della Città Eterna; ma vogliamo dimostrare a noi stessi e a tutti gli avversari – quelli appartenenti alla Tragica Giallorossa per primi – che non basta un rovescio temporalesco a tempo di walzer  per zittire il nostro orgoglio di appartenenza alla Sempre Nostra Magica Lazio!(M1)

Ieri sera, è vero, a Salisburgo abbiamo esagerato con la sofferenza, fino all’autolesionismo dell’eliminazione, contro avversari già battuti all’andata, che pure avevamo ben controllato nel primo tempo, e opportunamente percosso con la bastonata di Ciro poco dopo il decimo minuto della ripresa. Nemmeno due minuti dopo, i salisburghesi restituivano l’affronto con una stilettata dell’attaccante israeliano Dabour – per giunta deviata da Luis Felipe. Appena il tempo di immettere Felipe Anderson e imbestialirsi per il suo assist sprecato da Luis Alberto, che la squadra di casa – smessa la pelliccia di volpe e indossato il manto di tigre - in poco più di quattro minuti ci infliggeva tre mortiferi graffi (Haidara, Hwang e Lainer), e addio semifinali di Uefa League!

Il giorno dopo, fra i numerosi e derisori commenti scritti su Internet da molti tifosi (?) della Roma, ma anche di altre squadre, ne ho faticosamente scovato pochissimi scritti dai nostri tifosi. Commenti equamente divisi fra quelli di risposta alle prese in giro degli altri, e quelli di aspra critica verso la nostra squadra.

Rispondere agli altrui sfottò è stato senza dubbio tempo sprecato: chi vince ha sempre ragione. Laddove però passi all’insulto, la sua ragione decade fragorosamente, ed egli discende al rango di incivile.

Le aspre critiche – purché espresse civilmente – sono condivisibili. Il Salisburgo era ampiamente alla nostra portata, ed è totalmente ingiustificabile la nostra discesa abissale, soprattutto essendo maturata dopo il vantaggio procurato dal gol di Immobile(M2).

Anche noi del Club abbiamo espresso sul Forum “LCQ1900 90’ Minuto…” “aspre critiche” verso la Lazio, sebbene questo termine sia troppo blando, ma lo preferisco alla parola che meglio definirebbe il nostro stato d’animo, promanante dai commenti.

Senonché, adesso cessi la nostra pur giusta indignazione. La partita è stata malamente persa, e conosciamo perfettamente– ormai – limiti e difetti della nostra amata squadra, dei quali è giusto che si parli, ciascuno di noi indicando quale soluzione adottare a suo parere per risolverli. Ma, fino a domenica sera, non se ne parli più. Perché domenica sera sarà un’altra storia.

Questa non è una concessione alla retorica; non è una stentorea promessa; non è una rancorosa minaccia sportiva rivolta al cugino dell’altra sponda calcistica. Domenica sera, scenderà in campo la LAZIO.

Conserviamo i complimenti che qualcuno di noi ha fatto ai romanisti per la reboante vittoria sul Barcellona, che li ha mandati alle semifinali di Champions League. Quei complimenti sono indice di sportività. Io concordo con chi sostiene che i meriti dei giallorossi hanno superato i demeriti dei catalani.

La migliore risposta agli sfottò dei romanisti, e alla loro stessa vittoria sul Barça, possiamo darla solo sul campo, con una prestazione degna delle nostre migliori giornate. Fisicamente, e soprattutto psicologicamente, la Roma sta assai meglio di noi. Ma la Lazio c’è, io ci credo; tutti noi dobbiamo crederci, in primo luogo Mister Inzaghi e i suoi ragazzi. E, in ogni modo, dobbiamo rifarci della sconfitta dell’andata, allorché Di Francesco sembrò rinverdire “i fasti” di Garcia successivi allo storico 26 maggio 2013!

Domenica sera scenda in campo la LAZIO! Perché non esistono la Lazio di Tenerife, di Lens, di Salisburgo! Sono immagini già sbiadite, soprattutto l’ultima. Esiste solo la LAZIO! 

Noi laziali siamo ipercritici, non ci accontentiamo mai, basta poco per irritarci! Ma basta poco anche per risollevarci, e ricordare a tutti che siamo più di una squadra di calcio, di una società sportiva, di un gruppo di pionieri del calcio a Roma: SIAMO LA LAZIO!

 

F O R Z A L A Z I O!

 

Marco Bindi

Note:

 [M1]Se questa citazione dimostra poca erudizione, la si sostituisca con quest’altra: “A guisa di Suonata Mozartiana nell’Auditorium Red Bull Arena di Salisburgo”.

 [M2]Qualcuno ha oggi pensato di fare lo spiritoso, parafrasando la prima quartina della poesia manzoniana “Cinque Maggio” – nessun riferimento all’Inter! – che, appunto, recita: “Ei fu – siccome immobile… dato il mortal sospiro” – state fòri dalla Coppa – nonostante il gol di Ciro…”

.... A DERBY TERMINATO, SEMPRE PIU' ORGOGLIOSAMENTE LAZIO...

Che te lamenti, Romanista, anima trista?

Che nun hai vinto, e avresti meritato?

A Bruno Peres j'hai detto sempre "Basta!",

e mó lo piagni pe' quer palo scorticato?

E ce rinfacci l'ajuto dello Stellone

sulla traversa der Lucertolone?

Discorso sportivo, chiaro, reale;

ma tu, fino in fondo, devi da èsse' onesto!

Ricorda tutto, e nun te ne avé a male,

ce stanno le premesse, er punto è questo.

De fisico e de testa, voi stavate a mille,

mentre che noi stavamo ner burrone!

Cor Barça avevate fatto faville,

e de noi volevate fà un boccone!

Ai punti - forse - avreste meritato,

lo riconosco, perché nun sò un fre...scone.

Ma, vivazzío, questo nun è puggilato!

Qui se parla solo de pallone!

Ma, con Immobile a mezzo servizio,

e co' 'n òmo in meno nell'urtimo quarto d'ora...

Noi semo stati orgogliosamente Lazio!

L'anima nostra è venuta fòra!

E, alla fine, se avete visto tutto bene,

ciavemo avuto pure noi due-tre occasioni.

Perciò, cuggino, io dico: te conviene

accettà 'sto pareggio, e nun fà ppiú discusioni.

 

Marco Bindi

RICOMINCIAMO!!!

IL DOPO-DERBY

 

“… e lasciami gridaareee!”, rocheggiava tanti anni fa Adriano PAPPALARDO nell’incipit della canzone “Ricominciamo”.

E questo io grido stasera dalla tastiera del mio notebook: “Ricominciamo!”. Smaltiamo nel minor tempo possibile la delusione per questa sconfitta, che brucia tanto più perché è seguita al reboante 3-1 che infliggemmo alla Tragica nell’ultimo derby di campionato. Sinceramente, speravamo che la Nostra Magica si ripetesse a stretto giro di posta, e forgiasse il primo anello di una catena di vittorie stracittadine come – purtroppo – riuscirono a fare i cugini, riemergendo dalla fossa oceanica della Finale di Coppa Italia persa il 26 maggio 2013.

Invece, la Roma si è rimessa subito in sella, e stasera inneggia al suo mister Di Francesco come novello Luis Garcia (accento sulla “a” finale, mi raccomando), quello di “Abbiamo rimesso la chiesa al centro del villaggio!”. E, scusate il francesismo –        del tutto in tema, poiché ho nominato un allenatore francese – ma a me, per aver perso il derby di stasera, rode tremendamente il si è ben capito che cosa!

Io ho seguito la partita alla radio, e posso giudicare parzialmente rispetto ai confratelli aquilotti che sono stati allo stadio o hanno assistito davanti alla TV; ma credo che la radiocronaca mi abbia fornito ugualmente validi elementi di giudizio sull’odierno derby.

Cominciamo dall’operato dei direttori di gara (e delle VAR). L’arbitro Gianluca ROCCHI di Firenze – a proposito, domenica c’è pure LAZIO-FIORENTINA! – ci ha messo del suo, non concedendoci subito l’evidente rigore per fallo di mano, e sanzionando tempestivamente i nostri giocatori per i falli da loro commessi senza d’altronde comportarsi altrettanto severamente con i giocatori giallorossi, ma ritengo che non sia stato determinante nell’esito dell’incontro.

La vera differenza l’ha apportata il diverso approccio alla partita delle due squadre. Stavolta, a differenza dell’andata di Coppa Italia e del ritorno di campionato disputati nella scorsa stagione, i romanisti sono stati agonisticamente più presenti di noi, e per lungo tempo sono stati anche più concentrati, tranne (clamorosa eccezione!) nell’occasione del fallo da rigore di Manolas, senza il quale molto probabilmente non saremmo rientrati in partita. Dalla metà del primo tempo, la Roma ha pigiato l’acceleratore, ci ha messi in difficoltà e ha conseguito meritatamente il vantaggio. Quando ha acciuffato il raddoppio con un tiraccio del Ninja Nainggolan (peraltro non nuovo a questi exploit!) ho seriamente temuto che ci avrebbero inferto una goleada!

Qui si è certificato il valore di Simone INZAGHI, che ha indovinato i cambi surrogando Leiva e Lulic (entrambi sottotono) con Lukaku e Nani, i quali hanno riassestato e tonificato la Lazio, restituendole campo. Ma, ribadisco, molto probabilmente senza il fallo di Mano-las e il susseguente rigore trasformato da Ciro Immobile – sempre più capocannoniere! – noi non saremmo rientrati in partita. E, purtroppo, il forcing finale non è bastato!

La Lazio ha giocato da Lazio nei dieci minuti iniziali e nel quarto d’ora finale. Sarebbe stato troppo poco contro qualsiasi altra squadra, figurarsi contro la Tragica, che ha una rosa giocatori più cospicua della nostra. Soprattutto nel reparto offensivo. La Roma dispone di tre attaccanti – Lucertolone Dzeko, Defrel e Schick – e di due mezzepunte che vedono bene la porta – Perotti, soprattutto! ed El Shaarawy – mentre la Lazio, di fatto, ha solo Ciro Immobile, che oggi non stava per niente bene, pur non lesinando impegno e segnando il quindicesimo gol in campionato (oltre al gol, purtroppo giustamente, annullato).

E quando Ciro manca, o non sta bene come è successo oggi, stentiamo tremendamente là davanti. Caicedo deve formarsi, e quell’accidente di Felipe Anderson è sparito dai radar. Nani deve ancora carburare, ma mi sembra più uomo di manovra che di punta. Non sarebbe valsa la pena di spendere qualche soldo per Falcinelli, che non è un campione ed è totalmente privo di esperienza internazionale, ma è un bravo attaccante italiano e avrebbe fatto benissimo da spalla a Immobile?

Luis Alberto ha giocato male, ma ci può stare. La prestazione negativa non incide assolutamente sulla valutazione del suo scorcio di stagione. Lo spagnolo ha piacevolmente sorpreso tutti noi. Mi permetto un piccolo consiglio a Simone Inzaghi: lo addestri maggiormente sui tiri dalla distanza. Quanto ci mancano le bombe di Sinisa!

La difesa poggia quasi esclusivamente su Strakosha (ottimo riflesso sul Lucertolone nel primo tempo) e su De Vrij. Radu comincia a sentire il peso degli anni; Basta, anche lui non proprio ragazzino, si infortuna spesso; Bastos è incappato in una giornata negativa; Edgar Wallace forse non vale gli otto milioni che lo abbiamo pagato. Meno male che l’irruenza e la poca prevedibilità di Lukaku sopperiscono sempre più alle manchevolezze di Senad Lulic, altro ultratrentenne. Il montenegrino Marusic è ottimo contraltare del belga sulla fascia opposta del campo, ma è consigliabile addestrare maggiormente entrambi anche alla fase difensiva.

Passiamo al centrocampo. E’ stata una giornataccia per Lucas Leiva, ma si può accettare. Ricordiamoci sempre che lui non è un facitore di gioco. L’organizzazione e anche l’uso della fantasia competono maggiormente a Milinkovic-Savic (oggi insufficiente, ma deve acquisire continuità). Parolo è il tuttofare, ma nemmeno lui è un organizzatore, e cominciano a scarseggiare le sue conclusioni da lontano. Si insista da subito su Murgia, si valuti l’inserimento di un altro giovane, e si pensi a cospicui rinforzi per questo reparto, se si vuole far crescere la Lazio.

E la Lazio deve crescere ancora. Molto. E bene. Anche oggi lo si è visto.

Ma tutte queste riflessioni le ho messe su carta solo perché avevo bisogno di smaltire la delusione del derby perso. Finora, stiamo comportandoci bene!

Solo, non perdiamo di vista i nostri limiti, che sono ancora tanti.

E già da giovedì, quantunque abbiamo vinto il nostro girone di Europa League, RICOMINCIAMO!

E domenica, contro la Fiorentina, RICOMINCIAMO!

 

FORZA LAZIO!

 

18 NOVEMBRE 2017.

 

MARCO BINDI

LA FINE DI UN INCUBO

13 Agosto 2017   Juventus-Lazio: 2-3; “Emozioni da Supercoppa”
Stasera si gioca, siamo tutti nervosi.
Dobbiamo far passare la giornata, altrimenti non arriva piú sera.
Si ma tanto è inutile essere ansiosi, si sa giá chi vince, contro una corazzata cosí puoi solo limitare i danni. Negli ultimi incontri abbiamo sempre perso e non abbiamo segnato neppure un goal. Dai dai, non si sa mai, il Mone è bravo, un pò di fiducia bisogna concedergliela. Si, può essere anche bravo, ma non abbiamo neanche un’ala, alla difesa manca un pilastro ed il centrocampo è orfano del nostro ex capitano. Sei il solito pessimista, abbiamo fatto un ottimo precampionato, lo devi ammettere. Ho capito, ma una cosa sono le amichevoli ed un’altra le finali e poi affrontiamo la vincitrice dello scudetto, coppa italia e finalista di Champions. Vabbè, allora ti diró  almeno “in bocca al lupo”.
Seee, spero mi sputi fuori, almeno.
Partiti.
Traversone, spaccata di Quadrado solo davanti al portiere, miracolo di Strakosha.
Cosa ti avevo detto, cosa ti avevo dettooooo, è questione di minuti, siamo troppo inferiori. Altri due tiri dal limite della Juve, parati. Mamma miaaa che tiro al bersagliooooo. Passano 5 minuti, poi 10, poi 15. Ma, sai, sai che da qualche minuto sembra, dico mi sembra, magari è un’impressione èh, che stiamo giochicchiando un po di più!! Altri 5 minuti. No, no, stiamo giocando noi adesso cavolo, non vedi; occhio, occhioooo, Cirooooo, vai vaiiiiiiii ….rigoreeeee, è rigoreeeee!
Goooolll.
Siamo in vantaggio.
Cross di Parolo, testa di Ciro, nooooooooooo, due a zeroooo.
Non ci credo, ai primi minuti del secodo tempo con due gol di vantaggio sui fenomeni.
Secondo tempo come la fine del primo, caspita il campo è nostro, dominiamo.
Bon, vinciamo sicuro adesso, chi ci prende piú. Mmmm,  però qualcuno mi sembra un pò stanchino, non credi? Dai non fare il solito pessimistaaaa. Si qualcuno ha rallentato un pò i ritmi, ma ormai è fatta. Tic tac, pim pum pam…..Dybala ci rifila due gol.
È finita, è finita, se andiamo ai supplementari ci ammazzano, hanno messo dentro due campioni e stanno andando a mille, noi siamo scoppiati. Sul doppio vantaggio a nulla sembrano serviti i cambi per la Lazio. Ho capito, cambio, ma uno è giovane e l’altro ha 10 minuti nelle gambe, questione di poco e capitoliamo. Parte al galoppo un magnifico stallone sulla sinistra, criniera al vento, resiste ad un contrasto, entra in area, da un’occhiata in mezzo e appoggia indietro verso il limite, arriva un giovane baciato dalla luna, piattone destro.….Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Cosa ti avevo detto, Mone è un fenomeno, il migliore che c’è, li ha imbrigliati, gli ha messo la gabbia a questo e a quello, ha ricreato il centrocampo, li ha motivati, rivitalizzati, ha trovato le contromosse e non hanno capito piú niente.
E’ il 13 agosto 2017 e la Lazio ha appena vinto la Supercoppa italiana.
Mario Michelini
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EVENTO DI SABATO 6 MAGGIO 2017 – SIAMO PRONTI!

EVENTO DI SABATO 6 MAGGIO 2017 – SIAMO PRONTI!

LA STORIA SI RIPETE!

Otto giorni prima dell’evento celebrato il 9 marzo u.s. presso “La Casa dell’Aviatore”, la nostra Lazio aveva inferto alla Roma la pesantissima sconfitta in semifinale di andata di Coppa Italia. Oggi, a sei giorni di distanza dall’evento di sabato 6 (“Scuderie San Carlo”), abbiamo ridato la paga ai cugini. Si potrebbe pensare di aver trovato la formula magica per vincere il Derby: organizzare un Evento entro i dieci giorni successivi alla partita!

La vittoria è stata prestigiosa, altroché! La “settimana di attesa” era trascorsa (troppo?) tranquillamente, sia considerando l’orario di inizio della partita – dodici e trenta – sia per i diversi stati d’animo dei tifosi: noi avevamo fiducia nella nostra Lazio, ma ci aspettavamo una Roma ben diversa, più “cattiva”; forse, siamo stati più “ottimisti” dei romanisti…

In realtà, la partita aveva la sua importanza!

Per noi che – pur estromettendo i cugini dalla Coppa Italia -dovevamo assolutamente riequilibrare i risultati di Campionato, “azzerando” la sconfitta sofferta all’andata; così si comportano le squadre che sono o che vogliono diventare grandi. Inoltre, nella corsa all’Europa League, avremmo distanziato l’Atalanta, che aveva pareggiato in casa contro la Juventus.

Per la Roma che, vincendo, oltre a puntellare una supposta supremazia cittadina stagionale, si sarebbe notevolmente avvicinata alla stessa Juventus, e magari avrebbe ancora potuto dire la sua nella lotta per lo scudetto.

Sta di fatto che – estremo atto di scaramanzia – io ho acceso la radiolina solo dopo aver ricevuto il Whats app dall’amico e consocio Gianni Blandini che mi informava del gol di Keita. “Mamma mia!” ho pensato, “e che succede?”. Ovviamente, avrei voluto che l’arbitro fischiasse la fine di lì a poco. Troppe volte la Roma, quest’anno, sembrava spacciata, e invece s’era sempre ripresa. In più, avendo appreso l’assenza di Cirogòl Immobile, e – sinceramente! – non nutrendo soverchia fiducia nella nostra difesa, pensavo che, se la Tragica avesse ribaltato il risultato, non ce l’avremmo più fatta a riprenderla.

Ascoltando la cronaca della partita, invece, pur ansiando come sempre avviene quando giocano gli Aquilotti, apprendevo che il portiere giallorosso Szczęsny  – mica so scriverlo questo nome, l’ho copiato e incollato da Internet! – aveva salvato i suoi Lupacchiotti con due parate fenomenali (su Parolo e Keita, mi sembra). Avevo perso il racconto della mancata concessione del rigore per fallo su Lukaku (che, forse, avrebbe anche portato all’espulsione di Fazio); ma, nel complesso, stava andando assai bene per noi. Un piccolo tremito l’ho provato quando il radiocronista ha riferito di una trattenuta operata nella nostra area da Bastos ai danni del Lucertolone (Dzeko) che forse avrebbe potuto essere sanzionata…Vabbè, chi se ne interessa! A loro, quest’anno, hanno dato più rigori che palloni (e non è ancora finita!)

Ma, proprio sullo sfiorire del primo tempo, eccolo là, il tanto temuto “rigore per la Roma!”, fischiato dal Signor Orsato di Schi(f)o. E, sul pallone, ecco andare “Capitan Futuro” De Rossi, che tira una mozzarella, purtroppo sufficiente a insaccare il pallone alla destra del nostro Strakosha (e sembrerebbe che lo stesso D.D.R. abbia poi preso in giro la panchina della Lazio, dopo la trasformazione. Se è davvero accaduto, è stato un preclaro esempio di sportività).

Si va al riposo. La paura di perdere, certo, c’è: sulla carta, loro sono più forti. Se alzano i ritmi, e magari aggiustano la formazione… Poi sta giocando benissimo Salah Perché Ti Amo… Però… però…

Vi elenco i fatti finora accaduti nel Derby, solo per puntualizzare, e non già per “lacrimare”, come ben altri sono abituati:

  • Immobile “s’infortuna” prima di scendere in campo, e resta fuori. Di fatto, giochiamo senza attaccanti;
  • ci hanno negato un rigore (e la probabile espulsione di un avversario – Fazio, n.d.m.) sull’1-0;
  • Lukaku, fino a quel momento fra i migliori, deve uscire per infortunio (sinceramente, al posto di Inzaghi, non lo avrei sostituito con Felipe Anderson…);
  • Hanno concesso un rigore inesistente alla Roma, che lo ha trasformato, e ha così raggiunto il pareggio.

“Dopo ‘sti fatti”, per la Tragica, vincere il Derby dovrebbe essere poco meno che una formalità… Ma, troppe circostanze favorevoli per una sola squadra! Non sappiamo mica se le basteranno per fare risultato (e infatti..!).

Si ricomincia. Bruno Peres piglia il posto, nella Roma, di El Shaarawy. E, dopo tre minuti, mannaggia la difesa! la Roma ha la Grande Occasione; ma il Lucertolone Dzeko (capocannoniere del campionato!) compie il trentottesimo errore stagionale sotto porta (nella circostanza, è anche molto bravo il nostro Strakosha, che devia in angolo).

Giocatori e tifosi giallorossi non hanno nemmeno il tempo di imbufalirsi per l’ennesimo errore del bosniaco che, in fondo a un mortifero contropiede, Dušan Basta ci riporta in vantaggio (con un po’ di fortuna, essendo il pallone sbattuto sulla schiena di Fazio prima di entrare in porta).

Guardate un po’, che scherzi gioca la sorte. Fazio, scampando rigore contro ed espulsione, resta in campo e involontariamente danneggia la Roma. Sintomatico il fatto che il 2-1 sia stato segnato da Basta (appunto: “la partita finisce qui! Basta!”).

Ma si deve ancora soffrire, sia perché “si rompe” De Vrij (bella tegola per la difesa!) e, soprattutto, si soffre “per merito” di Felipe Anderson, che spreca due contropiedi sensazionali, rischiando di far tornare in partita la Roma. Spalletti, dal canto suo, ha sbilanciato in avanti la sua squadra inserendo Perotti e, soprattutto, Francesco Totti (scusate il turpiloquio…). Tutta legna per il fuoco laziale. E, in quel fuoco, Keita estingue la Roma, concludendo col gol del 3-1 un ennesimo, mortifero contropiede!

Tre minuti di recupero, a ben vedere, sono pochi. Ma bastano a Totti per compiere un fallo di frustrazione e, soprattutto, a Rudiger per farsi cacciare dopo un fallaccio su Djordjevic. Nel mezzo, ci sarebbe un altro gol sfiorato da Milinkovic-Savic (e non avrebbe guastato!).

La partita finisce come forse non credevamo, ma come sicuramente volevamo: 3-1 per la Lazio!

Lo volevamo, perché fa sempre piacere vincere il Derby.

Lo volevamo, perché siamo stati davvero più forti delle contrarietà (Immobile, Lukaku, De Vrij, l’indolenza di Felipe Anderson…) e delle stupidaggini commesse dall’arbitro Orsato (rigore negato a noi, rigore regalato a loro). Così, è molto più bello vincere!

Lo volevamo perché, adesso, festeggeremo allegramente e compostamente. Domani è il Primo Maggio, e la nostra esultanza scorrerà lieve come un ruscello montano, senza confondersi nel fiume solenne della Ricorrenza.

Lo volevamo, perché come il solito, preponderanti per numero e fervidi per fantasia, i tifosi della Roma esondano! Stavolta, la siccità di questo Derby perso li inaridisce. Anche se avessero a disposizione i vocabolari di tutte le lingue, non troverebbero parole! E forse, non vorrebbero nemmeno cercarle, se non contro la loro squadra.

Certo, il difficile viene ora. Siamo saldamente al quarto posto, con l’Atalanta a tre punti. Abbiamo quattro partite non proprio abbordabili (Sampdoria e Inter in casa, Fiorentina e Crotone in trasferta), sebbene non siano nemmeno troppo complicate. La realtà è che molte squadre trovano contro di noi motivazioni insospettate. Ma la Lazio dovrà mantenere la concentrazione espressa contro la Roma, perché il nostro vero obiettivo è il ritorno in Europa! Lasciamo da parte le due Finali raggiunte (Coppa Italia e Supercoppa Italiana), anche se queste ci conferiranno maggiore tranquillità sul campo.

Per ora, sia festa! E che la festa continui sabato prossimo, quando ci incontreremo nell’Evento!

F O R Z A  L A Z I O!

 

Marco Bindi

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SONO LAZIALE E NON SONO BURINO

 

 

Il binomio burino/laziale è storicamente inesatto. I tifosi romanisti non comprendono e non sanno la vera origine del modo di dire “burino” ad un laziale. La parola burino nel dizionario italiano significa persona rozza, contadina; per intenderci un individuo sempliciotto. Ma l’appellativo “burino” apostrofato dal tifoso romanista al tifoso laziale non è propriamente esatto e, come vedremo, ha una derivazione semantica differente.

La storia insegna: ogni popolo ha le sue tradizioni, i suoi difetti ed i suoi pregi ma la parola burino che viene apostrofata dai nostri cugini giallorossi a noi laziali ha un’origine diversa.

E’ un modo di dire che nasce con la conquista di Roma da parte dei Piemontesi; voi direte cosa c’entrano i Piemontesi? E qui, in questa mia analisi storica, vi spiegherò il reale significato della parola “burino” e starà poi a voi eventualmente diffonderla.

Il 17 Marzo 1861, Vittorio Emanuele II veniva incoronato Re d’Italia a Torino, mentre Roma, ancora sotto il dominio dello Stato Pontificio, dovette aspettare ancora alcuni anni prima di diventare di fatto la Capitale d’Italia.

Come vuole la storia, il Re Vittorio Emanuele II si insedia a Roma presso il Palazzo del Quirinale accompagnato dai suoi più fedeli uomini del Regno e impiegati di ogni livello di origini piemontese.

Da qui inizia la vera storia dell’appellativo “burino”. In queste righe spiegherò come sia nato questo appellativo o nomignolo, come lo volete chiamare, che erroneamente viene accostato al tifoso laziale.

Come si sa in tutto il mondo ogni popolo ha una sua identità, storica e culinaria. Chi ha viaggiato ha scoperto che ogni paese ha un proprio modo di vivere e proprie tradizioni e di questo ne resta fiero e legato.

L’appellativo che si dà ad un popolo è un modo per marcarne la distanza, per differenziarsi dalle sue tradizioni e deriderle allo stesso tempo ed evidenziare le differenti origini dal luogo dove si è nati.

Nel caso di Roma, nella seconda metà dell’ottocento, vi fu un’invasione della cultura piemontese e le differenze con la cultura della Regione Lazio, e in modo particolare con quella romana, stavano proprio nell’esprimersi nella propria lingua e nell’arte culinaria.

I piemontesi, obbligati a trasferirsi in una nuova città e in una nuova regione, cercarono di mantenere le loro tradizioni abituali, come la loro cucina, procurandosi nei mercati rionali di Roma gli ingredienti tradizionali d’uso nella tavola delle loro terre, come la Toma, tipico formaggio piemontese, la pancetta, la lingua del manzo, il burro ecc….Sì, proprio il burro che si utilizza ancora oggi al posto dell’olio di oliva per friggere e rosolare i cibi nella cucina povera piemontese.

Per le massaie piemontesi utilizzare il burro per condire i propri cibi era estremamente importante. Mentre nei loro mercati in Piemonte il burro era di facile reperibilità viceversa nei mercati rionali di Roma era difficile trovarlo. Nella loro tradizione culinaria l’ingrediente principale per rosolare e condire i cibi era proprio il burro e da qui nacque l’appellativo “burine o burini” con cui i romani, nel tipico troncamento delle consonati doppie, identificavano i piemontesi.

Ecco da dove deriva il modo di dire sei burino o burina… il differenziarsi da individuo di origini piemontesi!

Spiegato l’origine della parola burino ora sta a voi rispondere e spiegare ai cuginetti ignoranti da dove deriva l’appellativo in questione.

Per finire, nella vignetta sottostante, disegnata e ideata dalla curva nord, il vignettista svela in modo semplice ed elementare il binomio romano e laziale, quello che i cugini non vogliono recepire.

Tanti saluti e FORZA LAZIO

 

Cesare Camilli

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PERCHE’ SI (all’assegnazione dello scudetto 1914/15)

Perchè Sì: Atleti, uomini e soldati (molti dei quali persero la vita nel primo conflitto mondiale) che, con profondo spirito sportivo, su campi impervi avevano vinto il loro girone e dovevano, meritatamente, disputare la finale. Negare loro, che di certo non ricevevano a quel tempo gli onori ed i compensi economici dei giorni nostri, il riconoscimento di un titolo che premia quello sport fatto di sacrifici e passione vera. Il loro unico obiettivo era quello di portare alla città di Roma ed alla S.S. Lazio il primo scudetto. Ancora oggi la Polisportiva Lazio è la più grande d’Europa e tante medaglie ha portato allo sport italiano (i titoli italiani vinti attualmente sono più di 80, quelli individuali sono oltre 600, mentre quelli in categorie minori e nei settori giovanili sono circa 1000). Le medaglie conquistate dagli atleti della Polisportiva in competizioni ufficiali, quali Campionati del Mondo, d’Europa e Giochi Olimpici, sono numerose e 49 sono le medaglie d’oro vinte nel corso di queste manifestazioni sportive internazionali.

La Società Sportiva Lazio, oltre ad essere stata riconosciuta “Ente morale” il 2 giugno 1921 è stata insignita nel corso della sua storia ultracentenaria d’importanti onorificenze a livello nazionale, quali la Stella d’oro al Merito Sportivo nel 1967 ed il Collare d’oro al Merito Sportivo nel 2002 . La S.S. Lazio si ispira ai più alti valori dello sport. I colori, bianco e celeste, rappresentano le olimpiadi dell’era moderna mentre l’Aquila è simbolo dell’Imperatore, dell’Impero e delle Legioni Romane che esportavano cultura e civiltà nel mondo allora conosciuto. Non voglio pensare che tutte queste difficoltà nell’assegnazione del tanto meritato scudetto siano dovute al fatto che proprio perchè si chiama LAZIO ci siano tutti questi indugi e sia chiaro…non deve essere un regalo commiserevole alla Lazio, non ne ha bisogno!!

Proprio quest’anno il Lazio Club Quirinale 1900 si è recato a Bruxelles per celebrare il 117° anniversario della fondazione della S.S. Lazio e commemorare il nostro fondatore Luigi Bigiarelli con una cerimonia che si è tenuta presso la Sala Gotica nella sede del Municipio situato sulla Grand Place. Ebbene anche lì la S.S. Lazio ha conseguito un altro primato come primo club italiano: “la vestizione” del suo simbolo cittadino, il “Manneken-Pis”.

Io non sono più un ragazzo…sono figlio di laziali, quando i miei genitori sono nati il calcio a Roma era solo la Lazio. Essere tifoso della Lazio non è facile ma non voglio dilungarmi su questo, niente piagnisteo a noi non appartiene…chi è tifoso della Lazio sa cosa intendo, ma c’è il rovescio della medaglia perchè credetemi una vittoria, la conquista di un titolo della nostra amata Lazio, ha un valore che solo chi appartiene al popolo laziale può comprendere. E le ingiustizie che subiamo le superiamo con il nostro senso di appartenenza che non ci fa mollare mai. I media non parlano mai di noi (tranne che per dare notizie negative) eppure della nostra amata Lazio tutto ci viene imitato e invidiato, i nostri cori e la nostra MONUMENTALE CURVA NORD con le sue coreografie invidiate e stimate in tutto il mondo. Nella Capitale siamo la società di calcio che ha più titoli, nel 1999 nel Ranking della UEFA viene collocata al primo posto e non ne ha parlato quasi nessuno e, cosa più vergognosa, non lo hanno fatto proprio i giornali romani. Ma nonostante gli anni (tanti) che passano, ancora non riesco a comprendere il perchè di tanta avversione nei confronti di questa Società! E allora vi dico perchè Sì. Ci devono assegnare questo scudetto perchè non vogliamo che si perpetui questa ingiustizia, perchè non dobbiamo permettere che questo accada, perchè non possiamo tradire gli ideali di quegli atleti, uomini e soldati che combatterono con sudore, fatica e poi anche sangue. Devono riconoscere loro ciò che a loro spetta. PERCHE’Sì

P.s. scusatemi se non ho avuto un filo logico, ma ho scritto di getto e con tanta rabbia per l’ennesima ingiustizia che forse dobbiamo ancora subire…speriamo di no!

Ciao popolo Laziale!

   Mario Michelini

   (Razza Laziale)